Grano tenero, grano duro e mais aumentati a causa del conflitto
Tipo: News | Categoria: Rappresentanza |
Autore: Rotini Gabriele | Data Pubblicazione: 10/03/2022 |
L’escalation degli ultimi giorni al confine ucraino, culminata con l’invasione avvenuta il 24 febbraio, ha innescato ulteriori tensioni sui prezzi di tutte le materie prime comprese quelle agricole, sia come diretto riflesso del ruolo dell’Ucraina e della Russia nelle forniture globali di grano e mais, sia indirettamente come risposta dei mercati all’instabilità politica e alle incertezze conseguenti agli effetti delle sanzioni. In un tale contesto di incertezza, trovano ampia diffusione fenomeni speculativi.
In questo scenario, l’Italia sconta una strutturale dipendenza delle forniture estere di frumento duro, tenero e mais, con un tasso di autoapprovvigionamento rispettivamente pari a circa il 60% per il grano duro, 35% per il tenero e 53% per il mais, che espone particolarmente il nostro Paese alle turbolenze dei mercati internazionali.
Rimanendo in ambito agricolo ma esulando dai prodotti prettamente agroalimentari è da sottolineare la rilevanza della Russia nella produzione ed esportazione dei fertilizzanti. La Russia, infatti, è il primo esportatore a livello globale di fertilizzanti con 6,1 miliardi di euro nel 2020 (13% del totale export mondiale). L’Italia, tuttavia, è un mercato di destinazione della Russia poco rilevante, posizionandosi in quarantottesima posizione tra gli acquirenti, con poco più di 24 milioni di euro acquistati nel 2020 (il 5% circa degli acquisti nazionali di fertilizzanti nel 2020).
Scambi Commerciali
Con riferimento ai paesi direttamente interessati dal conflitto in atto, o riconducibili politicamente o geograficamente all’orbita russa, l’incidenza delle loro importazioni di prodotti agroalimentari sugli scambi mondiali supera di poco il 3%, di cui la quota preponderante (2%) è da ricondurre alla sola Russia.
Poco più rilevante è il peso complessivo nell’export di prodotti agroalimentari mondiali, pari al 3,7%. Anche in questo caso, il 2% è riconducibile alla sola Russia.
le esportazioni agroalimentari dell'Ucraina verso la Ue-27 sono state pari a 5,4 miliardi di euro nel 2020, facendo del mercato comunitario - con una quota del 28% - una delle principali destinazioni delle derrate provenienti da Kiev.
L'Italia si posiziona al decimo posto tra gli acquirenti del Paese dell'ex blocco sovietico per un fatturato di 496 milioni di euro pari al 3% dell'export agroalimentare ucraino, in flessione del 19% su base annua. Circa il 50% del valore di prodotti agroalimentari esportato dall’Ucraina in Italia è rappresentato dall’olio grezzo di girasole che, rispetto al totale olio di girasole importato dall’Italia costituisce una quota pari a oltre il 60%;
L’Italia ha infatti importato, nel 2020, circa 405 mln di euro complessivi di olio di girasole di cui 250 mln euro dall’Ucraina. Mentre sul versante dell'import dell'Ucraina, l'Italia è il secondo fornitore di prodotti agroalimentari, dopo la Polonia, con una quota del 7% pari a 415 milioni di euro, sempre nel 2020.
Nel 2020, il nostro Paese ha spedito a Mosca cibi e bevande per un controvalore complessivo di 908 milioni di euro, di cui la fetta più consistente è rappresentata dai vini confezionati e spumanti per quasi 300 milioni di euro e dal caffè (90 milioni).
l’Italia risulta solo al trentatreesimo posto tra i clienti della Russia, Paese da cui importiamo principalmente prodotti destinati all’alimentazione animale come panelli di estrazione dell’olio di girasole, piselli secchi, polpe di barbabietole, oltre a semi di lino e frumento tenero – che rappresenta l’8% del valore di frumento tenero importato dall’Italia nel 2020 pari a 10 milioni di euro – e frumento duro – che rappresenta poco più dell’1% del valore di frumento duro importato dall’Italia nel 2020 pari a 805 milioni di euro
Dopo l’embargo scattato all’indomani dell’annessione della Crimea, le importazioni russe di prodotti, materie prime e generi alimentari provenienti da Stati Uniti d'America, Unione Europea, Canada, Australia e Norvegia hanno subito una violenta battuta d’arresto e ancora non raggiungono i livelli antecedenti il 2014. I vini italiani sono stati finora risparmiati dalle restrizioni commerciali varate da Mosca, mentre più colpita è stata l’ortofrutta.
Frumento duro
Analizzando i fondamentali del mercato, emerge una situazione di squilibrio tra domanda e offerta di frumento duro determinata dal calo della produzione mondiale, nel 2021, del 9,1% rispetto al 2020 e dall’assottigliamento delle scorte globali (-24,5%). All’origine della riduzione produttiva, è stato il crollo di quasi il 60% dei raccolti in Canada, a causa dell’eccezionale siccità che ha colpito una vasta area del paese.
Il Canada è infatti passato dai 6,6 milioni di tonnellate di grano duro prodotte nel 2020 ai 2,7 milioni di tonnellate nel 2021, praticamente dimezzando la sua quota sul mercato (dal 18% del 2020 all’attuale 9%). L’Italia è il secondo produttore al mondo di grano duro, ma anche il primo consumatore e importatore mondiale, per soddisfare il grande fabbisogno dell’industria pastaria nazionale.
In base alle rilevazioni Ismea, i prezzi nazionali all’origine del frumento duro hanno continuato a crescere in maniera costante e continuativa a partire dal 2020 fino a raggiungere, a febbraio, come media delle prime tre settimane, una quotazione mai vista prima: 529,96 €/ ton, superiore alla quotazione massima registrata durante la precedente crisi dei prezzi a cavallo tra il 2007 e il 2008 (494,15 €/ton registrate a febbraio 2008). Si tratta comunque di un mercato che non vede come attori fondamentali alcuno dei paesi direttamente coinvolti o, comunque, vicini all’area interessata dal conflitto o politicamente nell’orbita di Mosca, al netto dei circa 10 milioni di euro in controvalore esportati dalla Russia verso il nostro Paese. Su questo fronte, le prospettive dipenderanno sostanzialmente da ciò che accadrà con il prossimo raccolto sia in Italia sia negli altri paesi produttori, Canada in primis.
Frumento tenero
Il mercato mondiale del frumento è costituito per il 95% dal frumento tenero, prodotto maggiormente esposto ai fenomeni di natura speculativa essendo quotato sui mercati internazionali dei futures che in termini di dimensioni economiche è pari a 25 volte quello del frumento duro. In considerazione del suo ruolo guida sui mercati globali, le sue dinamiche di prezzo condizionano inevitabilmente anche il frumento duro.
Il mercato attualmente appare molto instabile; lo scorso 25 febbraio 2022, alla Borsa merci di Chicago, la quotazione del grano tenero in consegna a marzo è salito di quasi 17 €/ton in un giorno e 44 €/ton in soli 4 giorni; mentre gli scambi a luglio 2022 sono quotati su livelli leggermente inferiori. Le quotazioni, sempre in consegna a marzo, del giorno successivo 26 febbraio 2022 sono scese di 28 €/ton su base giornaliera e quelle del 28 febbraio hanno lievemente recuperato di 2,5 €/ton.
In Italia in base alle rilevazioni Ismea che ancora non considerano l’ultima settimana di febbraio, la quotazione più alta risale a dicembre 2021 con 325,63 € /ton, valore comunque mai toccato prima nella serie storica di Ismea che parte da gennaio 1993. Nelle prime tre settimane di febbraio il prezzo si è attestato invece mediamente a 316,85 € /ton.
In questo caso, tuttavia, sia la Russia che l’Ucraina hanno un certo ruolo nella produzione mondiale (14% che diventa 16% del totale mondiale se si considera anche il Kazakistan).
Per quanto riguarda la fornitura dell’Italia di frumento tenero, si tratta comunque di un ruolo marginale, configurandosi l’Ucraina come settimo fornitore con una quota pari al 5% in volume e in valore dell'import totale nazionale, un volume che, tra gennaio e ottobre 2021, si è più che dimezzato (a 107 mila tonnellate). Meno rilevante è il ruolo della Russia che rappresenta l’1% del valore di frumento importato dall’Italia nel 2020 pari a circa 10 milioni di euro
Mais
Per quanto riguarda il mais, l’offerta mondiale risulta in crescita, nel 2021, del 6% rispetto al 2020, unitamente al livello degli stock (+1,3%) ma è la domanda cinese, oltre ai generalizzati problemi di logistica e dei relativi costi, che sta inducendo tensioni sui mercati interazionali con relativi incrementi dei prezzi.
Secondo le quotazioni dello scorso 25 febbraio alla Borsa merci di Chicago, il listino del mais di marzo è balzato di ulteriori 4,4 €/ton rispetto al 24 febbraio (+1,8%), accumulando un incremento complessivo di quasi 16 euro negli ultimi 4 giorni. Anche per il mais, gli scambi a luglio 2022 sono quotati su livelli leggermente inferiori. Anche in questo caso, nel successivo 26 febbraio, le quotazioni a marzo sono scese di 13 €/ton su giorno precedente, mentre quelle del 28 febbraio hanno recuperato poco più di 2 €/ton retto la precedente quotazione.
In Italia, i listini di mais hanno registrato una decisa tendenza al rialzo a partire da ottobre 2020, raggiungendo il picco nelle prime tre settimane di febbraio, con 281,54 €/ton valore mai rilevato da Ismea neanche nelle fasi più acute delle crisi dei prezzi tra il 2007 e il 2008 quando si raggiunse il valore massimo di 236,48 €/ton.
Con riferimento all’area interessata dal conflitto e, all’Ucraina in particolare, è da segnalare che questo paese è il nostro secondo fornitore dopo l'Ungheria, con una quota di poco superiore al 20% sia in volume che in valore. Una situazione, questa, che suscita qualche preoccupazione vista la consistente riduzione della produzione interna di mais (-30% negli ultimi 10 anni) e la ormai strutturale dipendenza degli allevamenti dal prodotto di provenienza estera (tasso autoapprovvigionamento italiano pari al 53% contro il 79% nel 2011).
Aumento della spesa per famiglie e imprese
le quotazioni di grano tenero sono "a livelli mai visti prima d'ora e le prime conseguenze potrebbero ricadere presto su consumatori. il costo della pasta potrebbe superare il 10%, percentuale che si aggiunge all'aumento del 10% avvenuto a fine dello scorso anno. Le quotazioni del grano sono balzate del 5,7% nella sola giornata del 24 febbraio, subito dopo l'attacco della Russia all'Ucraina, raggiungendo il valore massimo da 9 anni a 9.34 dollari a bushel.
Oltre all’aumento dei prezzi dell’energia elettrica, del gas, del carburante, le imprese del settore si trovano ad affrontare l’aumento del prezzo delle farine (fino +38% per quelle di grano tenero e a +100% per quelle di grano duro ),
Il rischio è di dipendere dall’estero anche per i generi alimentari di prima necessità, con la Cina che avrà nel primo semestre dell'anno accaparrato il 70% della produzione globale di mais, il 60% di riso ed il 50% di grano”
Gli aumenti subiti
dall’energia aumentata anche del 300%, ai film plastici, cartone, vetro, imballaggi in genere per circa il 25% in più, migliaia di artigiani e piccole imprese della filiera agroalimentare italiana rischiano la chiusura. Un rincaro "vertiginoso" del grano, che rappresenta, il 60% del costo di produzione della pasta.
Prezzo del pane
- un chilo di pane dal fornaio costa in media 3,1 euro. Cosi ripartito su scala nazionale
- dai 4,2 euro del pane a Milano
- ai 2,63 euro di Roma e
- ai 2,95 euro di Palermo.
Incidono ovviamente tanti fattori - poco gli altri ingredienti come lievito, sale e acqua, molto di più il costo del personale, dell'energia, dell'ammortamento degli impianti e del trasporto.
Effetti speculativi e GDO
Da ultimo segnaliamo due fenomeni che acuiscono una situazione già di per se fortemente preoccupante:
le speculazioni su prodotti che scompaiono improvvisamente dal mercato come l’olio di girasole. Il conflitto attuale non può giustificare una mancanza di prodotto immediata, come se non venissero fatte le scorte come per ogni bene commerciale.
Per le imprese che lavorano per la Grande Distribuzione Organizzata siamo invece al paradosso, nel senso che non vengono riconosciuti aumenti alle imprese, quindi nessun adeguamento all’aumento dei prezzi del grano, del petrolio, dell’energia per cui le imprese subiscono un doppio danno
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